venerdì 23 agosto 2013

Gli Uomini vengono da Marte e le donne vengono da Venere


incipit
"Fa sognare Bella che vive pensando ad Edward che, sì l'ama ma da un momento all'altro, potrebbe anche sbranarla" E sono storie di Uomini che vengono da Marte e donne che restano su Venere.....
"In Italia le cose vanno ancora peggio. Secondo lo studio
condotto da Daniela Del Boca in “Valorizzare le Donne Conviene”, il 76% del
lavoro domestico ricade sulle spalle delle italiane, che spendono in media 5
ore e venti minuti al giorno in queste attività (contro 1 ora e 35 minuti dei
loro compagni: la percentuale più bassa d’Europa).
Perché? L’interpretazione tradizionale di questo fenomeno è legata alla differenza tra gli stipendi dei coniugi: le donne guadagnano in genere meno dei loro compagni, quindi il loro potere di negoziazione all’interno della coppia sarebbe inferiore e si
troverebbero quindi a dover compensare il gap salariale con lo svolgimento di
compiti supplementari rispetto ai loro compagni. Oggi questo gap non c'è più; sono sempre più frequenti le situazioni in cui è il maschio di casa – cassa integrato o in regime di aspi – a guadagnare meno delle donne."                                                                      "fine incipit"


Ormai non si contano più gli episodi di violenza a danno delle donne; la cronaca recente, volendo restare circoscritti alla nostra regione, ci ha raccontato di un episodio di violenza avvenuto nei pressi di Ferrandina., la vittima una donna di Policoro, riuscita a scampare alla violenza inaudita, del compagno accecato dalla gelosia.
Storie come queste le leggiamo tutti i giorni, purtroppo non tutte hanno un "lieto fine" come quello della donna policorese.
Il fenomeno della violenza sulle donne e del femminicidio, più in generale, è diventato una piaga sociale conclamata. Le trasformazioni che esso sta avendo superano la violenza fisica, ed è una violenza psicologica, economica, istituzionale; sembra essere una vera e propria rivolta contro la donna "in quanto donna", perché non rispetta più il ruolo sociale impostole.
A volte penso che anche al femminicidio in fondo si intrecci una sorta di passività inculcata nelle donne sin da bambine, la convinzione di dover essere salvate da qualcuno, la confusione che spesso c'è tra innamorato e carnefice.
Fa sognare Bella che vive pensando ad Edward che, sì l'ama ma da un momento all'altro, potrebbe anche sbranarla; così come la principessa che vive con la Bestia che, in fondo (molto in fondo), è buona e
gentile e basta solo saper aspettare. Se noi donne vediamo noi stesse come un
essere passivo la cui esistenza può essere confermata solo dall'approvazione di
un uomo, come sarà possibile difenderci in caso di pericolo? Come sapremo
quando è il caso di essere diffidente?
Il problema potrebbe avere due facce. Mi guardo intorno e penso, dovremmo
forse finirla di pensare che è femminile solo chi è calpestabile.
Dovremmo finirla di educare le bambine alla fragilità come unica arma di seduzione.
Ma le parole come al solito non bastano.
Probabilmente, con molta più "semplicità" tanta violenza può essere interpretata come un
diverso modo di reggere le pressioni della precarietà quotidiana a cui tutti
siamo sottoposti?!
Secondo l’ultimo studio dell’Economic and Social Research Council (ESRC), nel
Regno Unito, ad esempio, sono le donne che continuano a svolgere 70% del lavoro
domestico, anche se la maggior parte di esse lavora a tempo completo e un terzo
guadagna più del proprio compagno.
In Italia le cose vanno ancora peggio. Secondo lo studio
condotto da Daniela Del Boca in “Valorizzare le Donne Conviene”, il 76% del
lavoro domestico ricade sulle spalle delle italiane, che spendono in media 5
ore e venti minuti al giorno in queste attività (contro 1 ora e 35 minuti dei
loro compagni: la percentuale più bassa d’Europa).
Perché? L’interpretazione tradizionale di questo fenomeno è legata alla differenza tra gli stipendi dei coniugi: le donne guadagnano in genere meno dei loro compagni, quindi il loro potere di negoziazione all’interno della coppia sarebbe inferiore e si
troverebbero quindi a dover compensare il gap salariale con lo svolgimento di
compiti supplementari rispetto ai loro compagni. Oggi questo gap non c'è più; sono sempre più frequenti le situazioni in cui è il maschio di casa – cassa integrato o in regime di aspi – a guadagnare meno delle donne.

I sociologi americani definiscono questo fenomeno come “gender deviance
neutralization”. Secondo questo studio le donne, per neutralizzare la devianza dalle norme
tradizionali di genere e alleviare la tensione generata nella coppia si dedicherebbero quindi ancora maggiormente ai compiti domestici per
cercare di recuperare il ruolo di “brave mogli”.

Esistono anche interpretazioni più fantasiose e pseudo-scientifiche di questo
fenomeno. Secondo John Gray, autore del bestseller Gli uomini vengono da Marte,
le donne da Venere, il lavoro domestico farebbe biologicamente bene alle donne
perché stimolerebbe l’aumento del livello di ossitocina, l’ormone che regola
il ciclo mestruale e sarebbe responsabile di innamoramento, autostima e
empatia. Secondo Gray, quindi, le donne che lavorano fuori casa in ruoli
tradizionalmente maschili sarebbero naturalmente portate a dedicare molte ore
allo svolgimento delle attività domestiche, al fine di recuperare il livello di
ossitocina perso durante il giorno e ritrovare quindi il benessere fisico e
psicologico. Inutile dire che queste affermazioni non solo non hanno nessuna
base scientifica, ma sono contraddette dal buon senso e dall’esperienza. Anche
senza analisi di laboratorio, qualsiasi donna che abbia stirato una camicia o
lavato due piastrelle di pavimento si sarà accorta che autostima e empatia (in
particolare nei confronti del compagno seduto davanti alla televisione) non
aumentano grazie allo svolgimento di questi compiti, anzi.
Comunque sia, una cosa è certa: nonostante l’indipendenza economica
rappresenti una componente necessaria nel cammino all’empowerment femminile,
non può da sola colmare disuguaglianze che hanno le loro radici nella cultura
delle relazioni di genere e hanno conseguenze non solo sulla vita delle donne,
ma dell’intera società.

Non è semplice parlare di violenza sulla donne e di femminicidio senza cadere
nel moralismo più cupo, tuttavia non è sufficiente dire che basti diventare
cintura nera di karate per difendersi dalle botte. Tutte noi siamo potenziali
vittime di violenza fisica e morale....e allora cosa fare? È sufficiente una legge? Non ci dimentichiamo che siamo in Italia e qui legge si prestano alle più svariate interpretazioni. E allora che fare? Se avessi la risposta giusta non starei qui a rifletterci. 

@russo82t

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